Tiziano Terzani è stato uno scrittore e giornalista italiano.

 

I libri. Sono stati i miei grandi amici, perché non c’è di meglio che viaggiare con qualcuno che ha fatto già la stessa strada, che ti racconta com’era per paragonare, per sentire un odore che non c’è più, o che c’è ancora.

 

Tiziano Terzani nasce a Firenze nel 1938, figlia di un meccanico e di una sarta; a causa di una salute cagionevole, la famiglia gli fa trascorrere molto tempo sugli Appennini, in particolare nella valle dell’Orsigna.

 

La vera comprensione è quella che va al di là della ragione e che si fonda sull’istinto, sul cuore.

 

Inizia il suo percorso scolastico al convento della Chiesa di San Piero a Monticelli, per poi proseguire nella scuola di Legnaia e nella scuola media inferiore Niccolò Machiavelli; è grazie ad uno dei suoi insegnanti che i genitori gli permettono di proseguire con gli studi.

 

“A lui debbo tutto perché lui prese la decisione importante di chiamare i miei genitori. Sai, a quei tempi, andare dal maestro… […] e lui che dice – Guardate, dovete fare dei sacrifici. Lo dovete mandare al ginnasio. – […] I miei si convinsero di mandarmi al ginnasio.”

 

Studia quindi al Liceo Classico Galileo, dove si diploma con ottimi voti; inizia ben presto a collaborare con il “Giornale del Mattino” in qualità di cronista sportivo.

 

“Avevo incontrato il primo giornalista della mia vita e, a sedici anni, avevo avuto la mia prima offerta di lavoro: cronista sportivo al Giornale del mattino. Cominciai con le corse a piedi, passai a quelle in bicicletta e poi alle partite di calcio. Le domeniche, invece che alle feste da ballo, le passai da allora andando a giro per i paesi e le cittadine della Toscana con una vecchia Vespa 98. […] Ero un ragazzino e di sport me ne intendevo poco o nulla, ma quella qualifica mi dava lì per lì il diritto a un buon posto d’osservazione e il giorno dopo il diritto alla mia firma in testa a un articoletto con tanto di descrizioni e giudizi sulle pagine rosa del giornale della città. A quei due diritti – direi privilegi – son rimasto attaccato tutta la vita.” (Tiziano Terzani da in Asia in Tutte le opere 1993-2004, Mondadori 2011, 507)

 

Nonostante una proposta di lavoro da parte della Banca Toscana e sebbene i genitori gli consigliassero caldamente di accettare, Terzani tenta l’ammissione al collegio Medico-Giuridico e, infine, si iscrisse a Giurisprudenza. In questi anni Terzani deve affrontare un’infezione di tubercolosi che lo costringe a riposo e la trombosi del padre; nel frattempo ottiene la laurea.

 

Solo se riusciremo a vedere l’universo come un tutt’uno in cui ogni parte riflette la totalità e in cui la grande bellezza sta nella sua diversità, cominceremo a capire chi siamo e dove stiamo.

 

A causa delle ristrettezze economiche, è costretto a lavorare all’Olivetti di Ivrea, grazie alla quale riesce a viaggiare per tutto il mondo: Danimarca, Portogallo, Paesi Bassi, Gran Bretagna, ma anche Giappone, Asia, Australia e Thailandia. Grazie ai guadagni, riuscì ad acquistare un terreno nella valle dell’Orsigna, dove costruì la sua abitazione.

Ottenuta la borsa di studio per la Columbia University di New York, inizia a studiare Affari internazionali, riuscendo perfino a lavorare al New York Times. Continua a collaborare con diverse riviste, fino ad ottenere la qualifica di pubblicista. Una volta rientrato in Italia, abbandonò il suo lavoro all’Olivetti e decise di occuparsi totalmente al giornalismo, iniziando a lavorare per “Il Giorno”.

 

Vivo ora, qui, con la sensazione che l’universo è straordinario, che niente ci succede per caso e che la vita è una continua scoperta. E io sono particolarmente fortunato perché, ora più che mai, ogni giorno è davvero un altro giro di giostra.

 

Nel 1973 pubblica la sua prima opera letteraria, “Pelle di leopardo”, diario di un corrispondente di guerra vietnamita del 1972-1973. Dopo anni di passione per la Cina, finalmente Terzani nel 1979 riesce a trasferirsi a Pechino in qualità di corrispondente di un giornale occidentale.

Viaggiare, come scrisse egli stesso, fu antidoto alla malattia che lo colpì, aiutandolo ad accettare il proprio destino.

 

“Viaggiare era sempre stato per me un modo di vivere e ora avevo preso la malattia come un altro viaggio: un viaggio involontario, non previsto, per il quale non avevo carte geografiche, per il quale non mi ero in alcun modo preparato, ma che di tutti i viaggi fatti fino ad allora era il più impegnativo, il più intenso.”

 

Muore a Pistoia nel 2004.

 

Ormai mi incuriosisce di più morire. Mi dispiace solo che non potrò scriverne.

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