Poetessa latina di cui abbiamo notizia solo da qualche anno, una delle poche di cui ci sono giunte le composizioni, malgrado nell’antichità fosse abbastanza nota, Sulpicia verrà presto dimenticata perché nella mentalità dell’antico Impero romano una donna non poteva avere un posto nelle memorie della letteratura.

Sulpicia visse nel I secolo d.C, durante il regno di Augusto, e appartenne alla classe aristocratica; suo zio era Marco Messalla Corvino, fondatore del circolo letterario di cui fecero parte poeti come Tibullo, Properzio e Ovidio; probabilmente la stessa Sulpicia riuscì a parteciparvi. Per molto tempo si è pensato che le composizioni giunte col suo nome fossero in realtà esercitazioni degli altri poeti, ma ad oggi si può affermare con certezza che quelle poesie all’interno del terzo libro del Corpus Tibullianum, denominato Appendix Tibulliana, siano state realmente scritte da lei.

Queste opere compongono il Ciclo di Sulpicia, il quale racchiude 5 elegie (ciclo Amicus Sulpiciae), per un totale di circa 40 versi. Questi componimenti raccontano la vicenda amorosa che lega la poetessa a Cerinthus, poesie che, secondo la tradizione, un anonimo autore scrisse basandosi su biglietti reali scambiatisi tra i due.

La prima elegia rappresenta un elogio alla bellezza di Sulpicia, vestita e acconciata in modo aggraziato ed elegante in occasione della festa delle Matronalia.

Venuto è infine amore, e vergogna maggiore

mi sarebbe averlo tenuto nascosto

di quanto sia infamante averlo rivelato a tutti.

Commossa dai miei versi, Citerea l’ha portato a me,

deponendolo sul mio seno.

Ha sciolto le promesse Venere: racconti le mie gioie

chi gode fama di non averle mai avute.

Io non vorrei affidare parola a tavolette sigillate,

per il timore che qualcuno le legga prima del mio amore.

Ma questo peccato m’è dolce;

m’infastidisce atteggiarmi a virtú:

tutt’al piú si dirà ch’eravamo degni l’una dell’altro.

La seconda elegia esprime la preoccupazione della poetessa per l’amore che l’amato Cerinto nutre per la caccia; lei però lo segue ovunque, nei boschi e sulle montagne, pur di stargli accanto.

La terza elegia è un’invocazione di Febo da parte dell’amico di Sulpicia, che chiede al dio di guarirla da una malattia che l’ha colpita; facendo ciò, lo stesso Febo sarà invidiato da tutte le altre divinità; Sulpicia però vorrebbe la guarigione solo se a desiderarlo fosse lo stesso Cerinto, che invece, noncurante del suo amore, la tradisce.

 

Hai veramente a cuore, Cerinto, la fanciulla amata,

ora che la febbre tormenta il mio corpo ammalato?

E certo io vorrei guarire da questo male oscuro,

solo se ritenessi che pure tu lo vuoi.

Che mi gioverebbe guarire,

se tu con cuore indifferente

puoi sopportare le mie sofferenze?

La quarta elegia continua a descrivere Sulpicia e il suo amore per Cerinto, tanto che ella desidererebbe una catena che li legasse reciprocamente.

La quinta elegia è una preghiera di Sulpicia, rivolta alla dea Giunone, affinché nessuno possa mai separare gli amanti.

Chi era Cerinto? Molti pensano che fosse uno pseudonimo utilizzato da uno degli amici di Tibullo, altri invece ipotizzano umili origini per questo personaggio, probabilmente uno schiavo di Messalla, mentre è più probabile che si trattasse di una scelta letteraria: tutte le poesie d’amore romane, infatti, presentavano le donne amate con pseudonimi e Sulpicia, pur invertendo i ruoli, vuole adattarsi alle convenzioni.

Luce mia, possa io non essere piú la tua bruciante passione,

come penso d’essere stata nei giorni da poco passati,

se in tutta la mia giovinezza  mai ho commesso errore cosí sciocco,

del quale, lo confesso, mi sia maggiormente pentita,

che d’averti lasciato solo l’altra notte, per volerti celare il mio ardore.

La poetessa Sulpicia fu però vittima di un pregiudizio di genere, motivo per il quale il suo nome non compare nelle antologie, nei trattati e nelle varie letterature successive; è da poco che sono stati riconosciuti tutti i suoi meriti artistici e solo oggi possiamo godere dei suoi scritti.

Scrivi

La tua email non sarà pubblicata