[tratta da Poesie 1905-1920]

Mezzanotte.

Per tutti i rettilinei delle strade

Serrate in una sintesi lunare,

Incanti lunari che bisbigliano

Dissolvono i piani della memoria

E tutte le sue chiare relazioni,

Le sue divisioni e precisioni

Ogni lampione che oltrepasso

Batte come un tamburo fatale,

E attraverso gli spazi del buio

La mezzanotte scuote la memoria come

Un pazzo scuote un geranio appassito.

L’una e mezzo

Il lampione sfrigolava,

Il lampione borbottava,

Il lampione diceva “Osserva quella donna

che esita verso di te nella luce della porta

Che s’apre su di lei come un sogghigno.

Vedi l’orlo della sua veste com’è strappato e sporco di sabbia,

E vedi l’angolo del suo occhio

Come si torce come uno spillo storto.”

La memoria rigetta e dissecca

Un ammasso di cose distorte;

Un ramo curvo sotto la pioggia

Tutto consunto e polito

Come se il mondo portasse in superficie

Il segreto del tuo scheletro,

Rigido e bianco.

Una molla rotta nel cortile di una fabbrica,

Ruggine che s’afferra alla forma che la potenza ha lasciato

Dure e arricciata, e pronta a spezzarsi.

Le due e mezzo,

il lampione disse:

“Nota il gatto che si stira nello scolo,

che cava la lingua

e divora un boccone di burro rancido”.

Così la mano del bambino, automatica,

scivolò fuori e mise in tasca un giocattolo che correva lungo il molo.

Non potei veder nulla oltre l’occhio del bambino.

Ho visto occhi nella strada

che tentavano di spiare attraverso le imposte illuminate,

e un pomeriggio un granchio in uno stagno,

un vecchio granchio pieno di parassiti sulla schiena,

che s’aggrappava alla punta dello stecco che gli tendevo.

Le tre e mezzo,

il lampione sfrigolava,

il lampione borbottava nel buio.

Il lampione ronzava:

“Guarda la luna, la lune ne garde aucune rancune,

strizza il suo occhio languido,

sorride agli angoli,

liscia la chioma dell’erba.

La luna ha perduto la memoria.

Un vaiolo slavato le screpola la faccia,

attorce con la mano una rosa di carta,

che profuma di polvere e d’eau de Cologne,

è sola,con tutti gli antichi profumi notturni

che le incrociano e incrociano dentro il cervello.”

Il ricorso sopraggiunge

di secchi gerani senza sole

e polvere nelle crepe,

profumi di castagne nelle strade,

e odori di donna nelle stanze chiuse,

e di sigarette nei corridoie di cocktail nei bar.

Il lampione disse,

“Le quattro,

Ecco il numero sulla porta.

Memoria!

Hai la chiave,

La piccola lampada getta un cerchio di luce sulla scala.

Sali.

Il letto è pronto; lo spazzolino è appeso al muro,

Posa le scarpe davanti alla porta, dormi, preparati alla vita.”

L’ultimo spasimo del coltello nella ferita.

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