I raggi del sole splendevano fra gli alberi, come sempre – i salici assonnati, le folate di vento caldo che soffiavano sulle coperte da picnic – ma il senso di familiarità della giornata era turbato dal solco che le ragazze si andavano aprendo in mezzo al mondo normale. Fluide e incuranti come squali che tagliano l’acqua.

 

Le ragazze… ragazze… cosa si nasconde dietro questa parola? Ragazze… un intero universo, un mondo a sé, un complesso mistero che non sa spiegare nemmeno se stesso. Un mondo che, un giorno qualunque, riesce a travolgere la vita di Evie, trascinandola con forza in un vortice di colori spenti e opachi, tirandola per un braccio, strattonandola fino a quando le sfumature perdono del tutto i propri contorni e si mischiano fra loro, un quadro astratto guardato con curiosità da milioni di persone.

Il bisogno spudorato sul mio viso, come il piatto vuoto di un orfano. Ed era quella la differenza fra me e la ragazza mora: il suo viso rispondeva a tutte le domande che poneva.

Evie è una ragazzina come tutte le altre, impacciata nei modi, goffa verso i ragazzi, in attesa che il ragazzo dei sogni si accorga di lei, impegnata a pettinarsi i capelli vicendevolmente con la sua migliore amica, pronta a seguire le diete più disparate proposte dalla star televisiva del momento, in bilico tra il mondo dell’infanzia e quello degli adulti, incurante del confine labile posto tra i due, inconsapevole dei rischi legati al salto.

Non appena mi cadde l’occhio sulle ragazze che attraversavano il parco, la mia attenzione restò fissa su di loro. Quella dai capelli neri con le sue accompagnatrici, la loro risata un rimprovero alla mia solitudine. Stavo aspettando che succedesse qualcosa, senza sapere cosa. E poi ecco.

Le ragazze sono diverse da tutte le altre persone, sicure nei gesti, scaltre con quei sorrisi, in quell’andatura capace di solcare il terreno e dividere l’aria a metà, da una parte il resto del mondo, dall’altra loro, i vestiti corti e sgualciti, i capelli lunghi e spettinati, i visi pallidi, le bocche sogghignanti, in bilico tra il mondo dell’illusione e quello della loro realtà, incuranti degli sguardi di paura che ricevono, consapevoli di vivere al di fuori di ciò che loro disprezzano.

Forse quello era un tipo di vita migliore, anche se mi sembrava alieno. Far parte di quel gruppo amorfo, convincersi che l’amore poteva venire da ogni direzione. Così da non restare delusi se non ne veniva abbastanza dalla direzione sperata.

 

Evie sprofonda in questo mondo, un universo parallelo fatto di noncuranza, di scarsità, di mediocrità, di rifiuto delle convenzioni, di prediche sull’amore, di cibo scadente e avanzi della società, di odio per le persone comuni, di feste e balli dedicati all’universo, di orrore e di sottomissione ad un discorso che vela gli occhi e assorda la mente.

 

Povere ragazze. Il mondo le rimpinza di promesse sull’amore. Quanto ne hanno bisogno, quanto poco ne otterrà la maggior parte di loro. Le canzoni zuccherose, i vestiti descritti nei cataloghi di moda con parole come “tramonto” e “Parigi”. Poi gli strappa via i sogni con una violenza micidiale.


E con una violenza micidiale Evie viene riportata alla realtà: quei giorni vissuti in un’atmosfera quasi onirica diventano il ricordo e le tracce di un destino efferato, di una verità agghiacciante, di un orrore che scandalizza il resto del mondo. Evie apre lentamente gli occhi, come risvegliandosi da un dormiveglia troppo lungo, si stropiccia la faccia, ancora non del tutto conscia di quanto accaduto, ancora non del tutto certa di essere realmente diversa dalle ragazze.

Da lì alla fine di Dicembre li avrebbero arrestati tutti. Russell scappò via appena li vide. Ragazze che sputavano per terra come conigli rabbiosi e si accasciavano a peso morto quando la polizia provava ad ammanettarle. La resistenza che opposero aveva una sua folle dignità: nessuna era scappata. Fino alla fine, le ragazze erano state più forti di Russell.

 

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