[tratto dalle Massime]

 

La capacità di cogliere e di esprimere dal vivo gli stati d’animo fa il poeta.

La vera poesia è riconoscibile dal fatto che ha potere liberatorio. La vera poesia ha la capacità di liberarci dai gravami terreni che ci opprimono donandoci serenità interiore e benessere esterno. Ci porta in alto con tutta la zavorra di cui siamo fatti e ci fa contemplare le contorte strade della terra che si snodano sotto di noi. Tutte le opere poetiche, sia quelle allegre che quelle serie, hanno il medesimo scopo: mirano a mitigare sia la gioia che il dolore attraverso una felice rappresentazione dello spirito.

Il poeta sta troppo in alto per prendere partito.

Serenità e consapevolezza sono i doni che esso deve al creatore.

La consapevolezza di non temere ciò che è temibile, la serenità di chi sa rappresentare tutto in modo gratificante.

L’accortezza del poeta riguarda la forma, l’argomento glielo offre, fin troppo generosamente, il mondo, il contenuto scaturisce spontaneamente dalla pienezza del suo io interiore. I due si incontrano inconsapevolmente e alla fine non si sa a chi appartenga in realtà la ricchezza.

Ma la forma, pur essendo già presente nel genio, vuol essere conosciuta, pensata, e qui occorre accortezza, affinché forma, argomento e contenuto si adattino e compenetrino l’un l’altro.

L’immaginazione nella sua grande mobilità sembra non avere leggi, sembra vagare in qua e in là come un sogno a occhi aperti; però, se guardiamo meglio, è regolata in realtà da molteplici elementi: dal sentimento, da esigenze morali, da ciò che vuole chi ascolta e, nel modo più felice, dal gusto; e la ragione esercita i suoi diritti guidandola.

L’uomo semplice, incolto, è soddisfatto solo quando vede succedere qualcosa; quello colto vuol percepire; solo quello coltissimo prova piacere nel riflettere.

La vera forza ed efficacia della poesia, come delle arti figurative, sta nella capacità di creare figure principali rappresentando in sott’ordine tutto ciò che si muove intorno ad esse, compresi i personaggi più degni. Così attira gli sguardi sul centro, da dove partono i raggi che illuminano il tutto, ed è così che si afferma la validità dell’invenzione e della composizione di un’opera poetica vera e unica.

La storia, per contro, agisce in tutt’altro modo. Da essa ci aspettiamo equanimità; essa può, anzi deve, attenuare lo splendore dell’eroe principale, più che esaltarlo. Perciò getta luce e ombra su tutti; valorizza fino al più piccolo dei personaggi che hanno agito insieme a lui affinché abbia anch’esso la parte di gloria che gli spetta.

Se invece, per un malinteso amore della verità, si chiede alla poesia di essere equanime, la si distrugge immediatamente.

 

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