Kazuo Ishiguro è uno scrittore giapponese, vincitore del Premio Nobel per la Letteratura nel 2017.

Spero solo che ricevere questo grande onore, anche se nel mio piccolo, possa incoraggiare le forze del bene e della pace in questo momento.

Nato in Giappone nel 1954, in particolare a Nagasaki, ben presto, all’età di sei anni, si trasferisce in Gran Bretagna, diventando definitivamente, qualche anno dopo, cittadino inglese; qui attende gli studi, riuscendosi a laureare in Lettere e Filosofia nel 1978. A Nagasaki è ambientato il suo romanzo d’esordio, “Un pallido orizzonte di colline”, pubblicato nel 1982.

Non sono completamente come gli inglesi perché sono stato cresciuto da genitori giapponesi in un ambiente domestico di lingua giapponese. I miei genitori non si resero conto che saremmo rimasti in questa nazione per così tanto tempo, e si sentirono responsabili di tenermi in contatto con i valori giapponesi. Ho quindi radici distinte. Penso differentemente, la mia prospettiva è sottilmente differente.

Le sue opere cominciano a diffondersi tra il grande pubblico e i riconoscimenti non tardano ad arrivare: numerosi sono i premi che Kazuo Ishiguro ottiene, come ad esempio il premio Withbread per il suo secondo romanzo “Un artista del mondo fluttuante”, ambientato nel primo dopoguerra giapponese, dove sulla carta vengono trasposti i ricordi di intere generazioni, e di una cultura intera, duramente colpite dalla bomba atomica.

Percorrevo le strade più buie che conoscevo, dove soltanto la luce dei nostri fanali disturbava l’oscurità. Mi rendevo conto, naturalmente, che anche altre persone usavano questo tipo di strade; quella notte, però, mi sembrò che quelle cupe scorciatoie di campagna esistessero soltanto per quelli come noi, mentre le grandi autostrade luccicanti con le enormi insegne e i bellissimi autogrill fossero destinate a tutti gli altri.

Una delle sue pubblicazioni di maggiore successo è senza dubbio il libro “Quel che resta del giorno”, dal quale è stato poi tratto l’omonimo film con protagonisti Anthony Hopkins e Emma Thompson, seguita dal romanzo “Non lasciarmi”, anch’esso riadattato sul grande schermo.

 

Con una prosa sorvegliatissima, appresa leggendo Cechov e altri classici europei dell’Ottocento, facendo leva su poeticissime metafore, lo scrittore fissa le speranze e le paure di antieroi quasi sempre incapaci di fare davvero i conti con la realtà, costretti a sopravvivere aggrappandosi a sbiaditi ricordi.

Uno degli ultimi romanzi, “Il gigante sepolto”, pubblicato dopo dieci anni di assoluto silenzio, si discosta nettamente dalle atmosfere passate delle opere precedenti, avvicinandosi ad una letteratura mitologica e storica, dove a far da protagonisti sono personaggi fantastici quali draghi e orchi.

Tuttavia, ognuno di noi, più o meno intensamente, riteneva che quando si incontrava la persona da cui si era stati copiati, era possibile percepire qualcosa di ciò che si era veramente e, forse, intravedere qualcosa di ciò che la vita teneva in serbo per noi.

 

Attualmente vive a Londra con la moglie Lorna MacDougall, assistente sociale, e la loro figlia Naomi.

Scrivi

La tua email non sarà pubblicata