Considerato uno dei più importanti scrittori russi, Fëdor Dostoevskij rappresenta un caposaldo della letteratura russa.

Dostoevskij nasce a Mosca nel 1821: il padre, medico militare, cresce il figlio in modo autoritario, mentre la madre gli insegna a leggere, avvicinandolo alla letteratura russa del periodo. Ancora giovanissimo, perde la madre, ammalata di tisi, e, insieme al fratello, viene portato a San Pietroburgo, dove porta avanti gli studi sostenendo gli esami d’ammissione ad ingegneria.

Poco dopo anche il padre muore, probabilmente assassinato dai suoi stessi contadini per i modi barbari in cui essi venivano trattati; alla notizia della sua morte, Dostoevskij ha il suo primo attacco di epilessia. Riesce comunque ad arruolarsi e ad entrare presso il comando di San Pietroburgo; ben presto, però, si dimette dal servizio militare per dedicarsi alla stesura del suo primo libro, “Povera gente”.

Nonostante tutte le perdite e le privazioni che ho subito, io amo ardentemente la vita, amo la vita per la vita e, davvero, è come se tuttora io mi accingessi in ogni istante a dar inizio alla mia vita [… ] e non riesco tuttora assolutamente a discernere se io mi stia avvicinando a terminare la mia vita o se sia appena sul punto di cominciarla: ecco il tratto fondamentale del mio carattere; ed anche, forse, della realtà.

Quest’ultimo viene pubblicato nel 1846, accolto da impressioni favorevoli dalla critica; continua dunque a scrivere, dando alla luca “Il sosia” (senza ottenere grande successo), “Romanzo in nove lettere” (scritto in una sola notte), “Le notti bianche”.

Nel 1849 viene accusato di partecipare alle attività di una società segreta con scopi sovversivi e viene quindi incarcerato; qualche mese dopo la condanna a morte, che verrà poi commutata dallo zar Nicola I in lavori forzati: quest’ultimo trauma (gli verrà riferito della commutazione della pena solo sul patibolo) gli causa ricorrenti crisi epilettiche.

DostoevskijA chi sa di dover morire, gli ultimi cinque minuti di vita sembrano interminabili, una ricchezza enorme. In quel momento nulla è più penoso del pensiero incessante: “se potessi non morire, se potessi far tornare indietro la vita, quale infinità! E tutto questo sarebbe mio! Io allora trasformerei ogni minuto in un secolo intero, non perderei nulla, terrei conto di ogni minuto, non ne sprecherei nessuno!

Deportato in Siberia, rimarrà recluso per circa quattro anni, per poi essere liberato per buona condotta e scontando il resto della pena come soldato. Nel 1859 rientra in Russia (non ancora a San Pietroburgo) dove, grazie alla collaborazione del fratello, inizia a rieditare le sue prime opere e a dedicarsi alla stesura delle nuove. Diretta dai due fratello, esce la rivista Epocha, dove Dostoevskij pubblica le “Memorie del sottosuolo”.

L’umanità può vivere senza la scienza, può vivere senza pane, ma soltanto senza la bellezza non potrebbe più vivere, perché non ci sarebbe più nulla da fare al mondo. Tutto il segreto è qui, tutta la storia è qui.

L’anno successivo è segnato da due perdite, quella della moglie e quella del fratello: quest’ultimo gli lascia anche numerosi debiti da pagare; Dostoevskij, quindi, parte per l’Europa, dove gioca alla roulette, peggiorando notevolmente la sua situazione economica. Nel 1866 inizia a scrivere “Delitto e castigo” e, poco tempo dopo, “L’idiota”.

Grazie poi alle numerose pubblicazioni di quegli anni riesce a raggiungere una certa stabilità economica e una certa fama, oltre che a metter su famiglia (nonostante il dramma della perdita della prima bambina a soli 3 mesi dalla sua nascita). Viene addirittura invitato a partecipare al Congresso letterario internazionale a Londra.

Nel 1879 inizia la pubblicazione a puntate de “I fratelli Karamazov”, accolto positivamente dal pubblico, ma le sue condizioni di salute peggiorano drasticamente: muore a causa di un peggioramento del suo enfisema nel 1881.

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