Con il suo ultimo libro, “Il popolo di legno”, Emanuele Trevi è riuscito ad instillare un sentimento di inquietudine, un senso di straniamento nei confronti della vita, mettendo in luce un protagonista alieno da se stesso e dal mondo, anticonvenzionale, disilluso, quasi apatico verso l’esistenza che attanaglia l’uomo, imprigionandolo nel “qui ed ora”.

Emanuele Trevi nasce a Roma nel 1964 dallo psicanalista di estrazione junghiana Mario Trevi. Il debutto nel mondo della letteratura risale al 2003, quando pubblica il romanzo “I cani del nulla”, una riflessione sotto forma di lungo dialogo, un viaggio nei meandri della vita, della marginalità, della bassezza… il tutto dal punto di vista di alcuni protagonisti d’eccezione: i cani.

Da questo momento in poi le collaborazioni ed i lavori a cui si dedica aumentano a dismisura: fonda la casa editrice Fazi editore, è curatore delle edizioni di varie opere, pubblica libri scolastici e saggi, collabora con la un programma radiofonico e il suo nome compare su numerose riviste, come ad esempio “Il caffè illustrato”, e quotidiani, come “Repubblica” e “La Stampa”.

Emanuele_TreviRiesce anche ad arrivare tra i finalisti del Premio Strega per il libro “Qualcosa di scritto”, ma è un altro scrittore, Alessandro Piperno, ad aggiudicarsi l’ambito trofeo. L’anno successivo, partecipando come giudice alla stessa competizione, Trevi si dimette dal ruolo criticando le modalità di scelta di finalisti e vincitore.

Non mi piace un premio in cui il candidato è stabilito dalle case editrici, che scelgono da sole i loro cavalli di battaglia, e in cui molti giurati sono stipendiati dagli stessi editori che poi gli chiedono il voto. Il criterio va ribaltato: sono i giurati che debbono battersi per i libri in cui credono.”

Uno dei suoi libri di maggior successo è il romanzo “Il viaggio iniziatico”, edito nel 2014, che racconta di un viaggio alla ricerca del senso dell’esistenza; l’opera rientra in quelli che possono essere definiti “romanzi di formazione”, ai termini dei quali ritroviamo un grande insegnamento accompagnato dalla crescita del protagonista, che affronta il viaggio alla scoperta di sé e di ciò che lo circonda.

Un tentativo di rinnovare radicalmente il concetto di saggio.” (Antonella Lattanzi).

Ma è con un altro libro, questa volta sotto forma di reportage, che vince il Premio Sandro Onofri: l’opera si intitola “Senza verso. Un’estate a Roma” e racconta la vita del poeta Pietro Tripodo.

 “Era conosciuto come il più brillante critico letterario della giovane generazione. Era colto, intelligente, fantasioso, e amava perdutamente la menzogna. Ora, i critici letterari non dovrebbero amare la menzogna, ma la verità: la menzogna, come diceva Esiodo, è una qualità che le Muse donano agli scrittori. Per obbedire ad Esiodo, Trevi è diventato scrittore: Senza verso (Laterza 2005) e L’onda del porto (idem) sono tra i pochissimi libri belli e singolari che la letteratura italiana ci abbia offerto negli ultimi anni. È difficile dire cosa siano questi libri. Non sono racconti, né romanzi, né saggi, né poesie, né diari, sebbene qualche volta assomiglino a un racconto, o a un saggio, o a una poesia, o a un diario. Lo stile è ricco e complesso: pieno di echi, intrichi, rapporti e suggestioni. Trevi è diventato bravissimo in un’arte difficile: quella di perdere il filo.” (Pietro Citati).

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