Ci hanno abbandonato a mezzo del cammino.

Tra la luce andavamo ciechi.

Siamo uccelli di passo, nuvole alte estive,

vagabondi eterni.

Brutta gente che passa cantando per i campi.

Benché il cammino sia aspro e siano duri i tempi,

cantiamo con l’anima. E non c’è un uomo solo

che capisca la viva ragione del nostro canto.

 

Viviamo e moriamo vite e morti altrui.

Sulle nostre schiene pesano molto i morti.

Il loro profondo grido ci chiede di morire un po’,

come morirono tutti loro,

di vivere in fretta, bruciando follemente

la vita che loro non vissero.

 

Fiumi furiosi, fiumi torbidi, fiumi veloci.

(Ma nessuno ci misura il profondo, bensì lo stretto.)

Mordiamo le rive, demoliamo i ponti.

Dicono che andiamo ciechi.

 

Ma viviamo. Trasportano le nostre acque l’essenza

delle morti e delle vite dei vivi e dei morti.

Vedete se è buona allegria sapere a scienza certa

che siamo nati per questo.

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