Henry Charles “Hank” Bukowski è stato uno scrittore americano le cui opere, numerosissime poesie, romanzi e racconti, colpiscono per la cruda franchezza che dipinge una vita fatta di eccessi, ed è per questo motivo che il suo stile viene fatto rientrare nel cosiddetto “realismo sporco”.

Bukowski nasce nel 1920 in Germania (il padre, statunitense, conobbe la madre, tedesca, durante il servizio militare), ma ben presto le condizioni economiche li costringono a spostarsi a Baltimora e, in un secondo momento, a Los Angeles. L’infanzia e l’adolescenza segnarono la sua vita: sperimentò le sofferenze della solitudine e, a soli 14 anni, conobbe l’alcol.

 

Ecco il problema di chi beve, pensai versandomene un altro: se succede qualcosa di brutto si beve per dimenticare; se succede qualcosa di bello si beve per festeggiare; se non succede niente si beve per far succedere qualcosa.

Poco più che ventenne tenta di pubblicare i suoi primi racconti, senza però ottenere grandi apprezzamenti; decide quindi di smettere con la scrittura, periodo che egli stesso definisce “una sbronza di dieci anni”. È in questa fase che raccoglie e fa tesoro di tutte le esperienze vissute, materiale che fungerà da ispirazione per tutte le future pubblicazioni.

 

La verità profonda, per fare qualunque cosa, per scrivere, per dipingere, sta nella semplicità. La vita è profonda nella sua semplicità.

Per sostentarsi, accetta un lavoro come postino, ma ben presto, soffocato da una routine deprimente, abbandona il posto. Solo nel 1955, dopo essere stato ricoverato per un’ulcera a causa del troppo bere, riprende a scrivere poesie, molte delle quali sono dedicate alla compagna dell’epoca Jane Cooney Baker, suo primo amore, che morirà poco tempo dopo, lasciandolo profondamente scosso.

Amo i solitari, i diversi, quelli che non incontri mai. Quelli persi, andati, spiritati, fottuti. Quelli con l’anima in fiamme.

Nel frattempo torna a lavorare come impiegato delle poste, professione che porterà avanti per circa un decennio e che potrà lasciare solo quando l’editore Black Sparrow non gli offre un assegno mensile per i suoi scritti.

Avevo solo due alternative – restare all’ufficio postale e impazzire… o andarmene e giocare a fare lo scrittore e morire di fame. Decisi di morire di fame.

Il successo arrivò poco dopo grazie alla pubblicazione del romanzo autobiografico “Post Office”. Bukowski muore all’età di 73 anni a causa della tubercolosi, poco dopo aver concluso l’ultimo romano, “Pulp”.

Qualcuno in uno di questi posti… mi chiese: “Cosa fai? Come scrivi, come crei?” Non lo fai, gli dissi. Non provi. È molto importante: non provare, né per le Cadillac, né per la creazione o per l’immortalità. Aspetti, e se non succede niente, aspetti ancora un po’. È come un insetto in cima al muro. Aspetti che venga verso di te. Quando si avvicina abbastanza, lo raggiungi, lo schiacci e lo uccidi. O se ti piace il suo aspetto ne fai un animale domestico.

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