E’ negli anni ottanta che leggere e tutto ciò che è coinvolto in questa attività cominciano ad essere analizzati in modo più strutturato e impostato: i temi del rapporto editoria-pubblico si sviluppano lungo una direzione eminentemente socio-economica, mentre si afferma la cosiddetta “politica di impresa”, volta a conoscere sempre meglio il mercato per soddisfarne le esigenze, implementando contestualmente l’attività editoriale.

Ma una delle domande centrali a cui le statistiche tentano assiduamente di rispondere è questa: cosa si legge e perché?

Per trovare una risposta soddisfacente, gli studiosi del settore hanno iniziato ad analizzare le caratteristiche del romanzo italiano che ha dominato le classifiche negli ultimi anni e quelle della narrativa reputata “popolare” o “paraletteratura” e, in entrambi i casi, ciò che emerge è il ruolo fondamentale, sia nella loro creazione sia nella loro diffusione, dell’editoria.

A seguito di questi studi viene sottolineata l’importanza sia del ruolo dell’editore, che consiste nel pianificare tutto il processo per portare alla luce un libro di successo, sia della logica industriale, la quale si basa su rilevazioni che hanno l’intento di individuare le scelte più commerciabili.

Le direzioni delle analisi sono molteplici: un esempio interessante è dato dal lavoro di Chartier, il quale non si concentra tanto sui fattori sociologici del pubblico, quanto sulle modalità con le quali la lettura viene praticata: in altre parole, non cerca di rispondere a “chi sono i lettori?” o “che cosa leggono” (peraltro risposte definitive sono difficili da trovare per la scarsità di dati certi), ma vuole cogliere i modi con cui i testi vengono compresi e fatti propri.

La teoria della ricezione del testo ha messo al centro dell’attenzione il ruolo del lettore, essendo egli colui che costituisce il senso dell’oggetto estetico. D’altra parte, la stessa espressione “opera letteraria” implica due dimensioni complementari: da un lato il testo concepito dall’autore, dall’altro il libro, così come viene fruito dal lettore. Il ponte da gettare da un capo all’altro della relazione è realizzato dall’editore, il quale si occupa della mediazione organizzativa ed economica. Dunque, anche in questo caso, l’accento viene posto sull’azione editoriale.

E’ anche vero che l’editore, operando in un determinato modo, sceglie di essere il portavoce di una comunità più estesa di lettori, egli ne rappresenta i gusti, o almeno ci prova, e le tendenze, cerca di identificarsi nel maggior numero di persone e di esplicarne le scelte letterarie.

Tralasciamo per un attimo tutti questi studi che sono stati portati avanti negli ultimi decenni, mettiamo da parte queste teorie secondo le quali noi leggiamo perché qualcuno ha impostato (non imposto, eh!) certi canoni e certe tendenze da seguire, e concentriamoci esclusivamente su di noi, i lettori. Per lo meno per darci una risposta autentica.

E allora, perché leggiamo?

“Io leggo per un sacco di motivi.

Generalmente tendo a frequentare lettori e ho paura che, se smettessi di leggere, loro non vorrebbero più frequentare me.

Sono anche uno scrittore e ho bisogno di leggere per ispirarmi e per istruirmi e perchè voglio migliorare, e solo i libri possono insegnarmi come.

A volte, certo, leggo per scoprire delle cose: a mano a mano che invecchio, sento sempre di più il peso della mia ignoranza.

Voglio sapere com’è questa o quella persona, vivere in un posto o nell’altro.

Amo quei dettagli sui meccanismi del cuore e della mente umana che solo la narrativa ci può illustrare, i film non si avvicinano abbastanza.” (N. Hornby)

Leggiamo per migliorare le nostre capacità intuitive? Per accrescere la nostra intelligenza? Per aprire la mente? Oppure per essere ancora più creativi? Per imparare, per esplorare mondi che altrimenti rimarrebbero sconosciuti, per passare il tempo, perché ce lo impongono a scuola, perché guardare la televisione è peggio…

Ecco alcuni motivi interessanti raccolti seguendo gli spunti dei lettori:

  • Evasione. Leggere vuol dire fuggire dalla monotonia della condizione in cui ci si trova a vivere, spesso malvolentieri, sognando mondi diversi in cui si è liberi di correre via.
  • Emozione. Leggere fa sperimentare diverse gamme di emozioni, da quelle più ilari a quelle più malinconiche, fino alla tragicità di alcuni testi. Tutto questo ci aiuta a sviluppare un’empatia più profonda, rendendoci in grado di aprirci agli altri e a noi stessi.
  • Intelligenza. Leggere implica allargare la visuale, abbracciare esperienze diverse, in grado di ampliare prospettive e modi di pensare. Il nostro intelletto non può che beneficiare di questa attività, sempre ricca di novità e mai monotona.

E voi… perché leggete?

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