[tratto da Postille a "Il nome della rosa”, 1983, U. Eco]

 

Chi scrive (chi dipinge o scolpisce o compone musica) sa sempre cosa fa e quanto gli costa.

 

Sa che deve risolvere un problema. Può darsi che i dati di partenza siano oscuri, pulsionali, ossessivi, non più che una voglia o un ricordo. Ma dopo il problema si risolve a tavolino, interrogando la materia su cui si lavora – materia che esibisce delle proprie leggi naturali ma al tempo stesso porta con sé il ricordo della cultura di cui è carica.

 

Quando l’autore ci dice che ha lavorato nel raptus dell’ispirazione, mente.

 

Genius is 20% inspiration and 80% perspiration.

 

Non ricordo per quale sua celebre poesia, Lamartine scrisse che gli era nata di getto, in una notte di tempesta, in un bosco. Quando morì, si ritrovarono i manoscritti con le correzioni e le varianti, e si scoprì che quella era forse la poesia più lavorata di tutta la letteratura francese.

 

Quando lo scrittore (o l’artista in genere) dice che ha lavorato senza pensare alle regole del processo, vuol solo dire che lavorava senza sapere di conoscere la regola. Un bambino parla benissimo la lingua materna però non saprebbe scriverne la grammatica. Ma il grammatico non è il solo che conosce le regole della lingua, perché queste le conosce benissimo, senza saperlo, anche il bambino: il grammatico è solo colui che conosce perché e come il bambino conosce la lingua.

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