Anna Banti, il cui vero nome è Lucia Lopresti, è stata una scrittrice italiana che si è occupata d’arte, saggistica e narrativa.

Il mio vero nome, Lucia Lopresti, non mi piaceva. Non è abbastanza musicale. Anna Banti era una parente della famiglia di mia madre. Una nobildonna molto elegante, molto misteriosa. Da bambina mi aveva incuriosita parecchio. Così divenni Anna Banti. Del resto il nome ce lo facciamo noi. Non è detto che siamo tutta la vita il nome della nostra nascita.

Anna Banti, di origini borghesi, nasce a Firenze nel 1895; incoraggiata dai genitori a intraprendere gli studi letterari, si laurea in Lettere grazie ad una tesi sul Boschini, del quale parla nella sua prima pubblicazione saggistica, lodata da Croce. Durante gli studi conosce Roberto Longhi, suo futuro marito.

Il primo racconto viene pubblicato nel 1930 e si intitola “Barbara e la morte”, mettendo da parte la critica d’arte. Un’altra opera importante è “Itinerario di Paolina”, dove per la prima volta utilizza lo pseudonimo Anna Banti. I temi maggiormente presenti nelle sue opere sono legati alla condizione femminile: i suoi personaggi, dopo una serie di vicissitudini, riescono a trovare in loro stesse la forza per riscattarsi.

Molte cose la gente immagina e crede sull’inevitabile declino della vecchiaia: ipotesi spesso sbagliate. Non è vero, per esempio, che la memoria dell’età tarda non registri il presente, i giorni e i fatti recenti, per rivolgersi soltanto al passato.

L’opera di maggior successo della Banti è senza dubbio “Artemisia”, la ricostruzione della vita delle pittrice Artemisia Gentileschi, donna forte che lotta contro tutti i pregiudizi per affermare se stessa e la sua arte; la prima versione viene perduta durante un bombardamento del 1944, costringendo la scrittrice ad iniziarne una nuova stesura.

Nello stesso periodo compone il romanzo “Il bastardo”, anch’esso perduto durante la guerra e riscritto successivamente, per poi essere pubblicato nel 1953; esso narra le vicende della famiglia De Gregorio, dipingendo il ritratto di una società ormai rovinata.

Fare innamorare un uomo è un esercizio divertente ma costa caro e presto viene a noia, tuttavia più si avanza in età, più diventa necessario per non cadere in disperazione.

Pubblica anche una raccolta di quattro racconti intitolata “Le donne muoiono”, mentre nel 1967 dà alla luce il romanzo “Noi credevamo”, reputato romanzo storico anche se lei stessa preferisce considerare le sue opere come “interpretazioni ipotetiche della storia”.

L’ultima pubblicazione è quella del 1981, “Un grido lacerante”, una sorta di autobiografia che riflette sulla tragicità della vita umana, opera che chiude la produzione di Anna Banti.

Presente e passato sono un istante da catturare e stringere come una lucciola nella mano.

 

La Banti muore nel 1985 a Ronchi di Massa.

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